giovedì 12 novembre 2015

SALVIAMO L’ANATRA!

Autunno inoltrato e già sentiamo il bisogno di ripararci da freddo e umidità. C’è l’imbarazzo della scelta: siamo bombardati da vetrine urlanti di piumini e giubbotti imbottiti. Peccato che per la maggior parte queste imbottiture siano state strappate alle legittime proprietarie, innocenti volatili che forniscono, loro malgrado, la materia prima utilizzata per imbottire i giubbotti che spopolano inesorabilmente nelle nostre città.

A ricordarci la provenienza e le modalità con le quali si ottiene la piuma d’oca e d’anatra ci ha pensato mesi fa Report, trasmissione grazie alla quale per qualche settimana abbiamo aperto gli occhi, per poi pigramente richiuderli con l’arrivo della primavera.
Eppure basta leggere attentamente le etichette dei capi che acquistiamo – cosa che consigliamo comunque prima di tutti i nostri acquisti – per operare una vera e propria scelta etica: voglio riscaldarmi a discapito di animali innocenti o voglio cercare un’alternativa?

L’alternativa c’è, eccome; anzi ce ne sono svariate. Tra l’altro, prima dell’invasione della piuma d’oca già esistevano le imbottiture sintetiche, che ci hanno protetti e riscaldati per tanti inverni.
In questa direzione, tra gli altri, si muove un marchio che ha fatto del proprio nome e logo il simbolo di questa scelta alternativa: Save the Duck®, infatti, produce da qualche stagione piumini imbottiti con PLUMTECH®,  un materiale sintetico che unisce le caratteristiche di sofficità, leggerezza e termicità tipiche della piuma.

Per queste sue caratteristiche, nel 2015 il marchio ha ottenuto la certificazione “Animal Free Fashion” della LAV e nel 2014 ha ricevuto il VEGAN FASHION AWARD di PETA Deutschland.

 
Per maggiori info: www.savetheduck.it

 

 

mercoledì 11 novembre 2015

IL PARKA TESSUTO DAL RAGNO


The NORTH FACE sta lanciando ‘The Moon Parka’, un capo realizzato in Qmonos, ‘ragnatela’ in giapponese, il biomateriale dalle stesse caratteristiche della seta di ragno, una proteina cinque volte più forte dell’acciaio, tre volte più resistente del nylon o del Kevlar, ma infinitamente più sottile del capello umano.
Grazie alla sua peculiare struttura, la seta di ragno annovera tra le possibili applicazioni commerciali cavi e giubbotti antiproiettile. In campo medico, grazie alle proprietà antimicrobiche può essere adatta per le suture delle ferite e, poiché non viene rigettata dal corpo umano, potrebbe essere impiegata per produrre tendini artificiali o per ricoprire impianti. Inoltre, la sua conducibilità termica è pari a quella del rame e la densità di massa è pari a un settimo del metallo, il che la rende particolarmente adatta ad impieghi che comportano la gestione delle temperature. Ma la raccolta e la lavorazione della seta naturale è praticamente impossibile e l’unica strada aperta è rimasta quindi quella della riproduzione in laboratorio.

Il tentativo di riprodurre sinteticamente la seta di ragno è infatti una sfida che risale indietro nel tempo e colossi come DuPont e Basf avevano già abbandonato le loro ricerche in questo campo nel 2013.
A quanto pare l’impresa è riuscita a Spiber, azienda giapponese che è riuscita a identificare il codice genetico della seta di ragno e a trovare il modo per riprogrammare i batteri e riprodurre così la fibroina, la proteina strutturale della seta di ragno.

Da qui la partnership con North Face, che ha realizzato il Moon Parka, un capo speciale progettato per proteggere chi lo indossa dai rigidi climi antartici.

(Fonti: Ecouterre.com e Greenreport.it)

ALPACA O CASHMERE?

La produzione del filato di alpaca è in notevole crescita e questo autunno l’abbiamo visto sulle passerelle di Parigi e Milano nei capi, tra gli altri, di top brand come Luis Vuitton e Versace.

Come il cashmere, l’alpaca è una fibra naturale dall’aspetto nobile. E, nonostante sia meno costosa del cashmere, secondo gli Inca valeva di più dell’argento o dell’oro.
I colori degli alpaca, i simpatici camelidi che vivono in Peru, in natura sono oltre venti e vanno dal nero inchiostro, al nocciola, al bianco niveo, e la loro lana è morbida e calda.

Secondo Quartz, il boom dell’alpaca è positivo non solo per il Peru, che esporta circa 175 milioni di dollari l’anno di lana d’alpaca, ma anche per il pianeta; ed elenca una serie di motivi per cui è consigliabile preferire l’alpaca al cashmere.
Sostenibilità: a causa dell’incremento esponenziale della richiesta di cashmere a partire dagli anni ’90, i pascoli cinesi sono stati sfruttati a tal punto da diventare deserti  ghiacciati. Prima di quell’epoca, il cashmere era un lusso per pochi, ma negli ultimi due decenni la domanda è salita vertiginosamente e ha fatto da un lato diminuire la qualità, dall’altro il prezzo dei capi in cashmere. Tra il 1990 e il 2009, in Mongolia (dopo la Cina il secondo fornitore mondiale di cashmere) gli allevamenti di capre, la maggior parte delle quali vive nelle steppe,  sono quadruplicati. Nonostante queste capre siano abituate a sopportare le basse temperature di quegli ambienti, negli ultimi anni una serie di inverni particolarmente rigidi ha decimato gli allevamenti. Nell’inverno 2009-2010, è stato colpito circa un quinto del bestiame della Mongolia.

Inoltre, le capre mentre brucano distruggono il suolo e l’erba. E in questi pascoli a rischio vivono altri animali, come leopardi delle nevi, cavalli selvatici e l’antilope tibetana, la cui sopravvivenza viene minacciata dall’industria del cashmere.
L’impatto ambientale dell’alpaca sembra essere invece meno pesante, in quanto questi animali vivono sugli altipiani delle Ande peruviane, al momento un ecosistema meno fragile, e brucano senza distruggere l’erba e il suolo. L’alpaca è anche più efficiente della capra, in quanto beve molto meno e produce lana sufficiente per quattro o cinque maglioni l’anno quando invece per produrre  nello stesso tempo un maglione di cashmere  sono necessarie quattro capre, secondo il Natural Resouces Defence Council.

Ci sono quindi validi motivi per preferire un maglione di alpaca a uno in cashmere. L’alternativa più sostenibile rimane comunque il comodo vecchio maglione che ci accompagna e ci scalda ogni inverno…


 (Fonte: Quartz )