A causa della mia inossidabile abitudine di lavare i capi di
abbigliamento nuovi prima di indossarli, sono sempre stata additata come
microbo fobica, igienista patologica o più semplicemente ‘fissata’. Le detrattrici più clementi si limitano a un
sussiegoso sguardo misto a malcelata commiserazione.
A sostegno della mia sana abitudine (peraltro frutto della pluriennale
esperienza nel campo dell’abbigliamento e delle varie incursioni nei magazzini e
nei reparti di confezionamento), ho trovato in rete una mamma australiana
(detto così suona un po’ scarso per autorevolezza di fonte), forse più fissata di me, che non sono ha un
blog molto seguito, ma è pure una giornalista (pare) conosciuta (adesso va un
po’ meglio…).
Questa blogger in realtà dà precise motivazioni di tipo ‘tecnico’, che
fanno effettivamente appassire le mie piccole battaglie (‘fissazioni’) igieniste:
i capi di abbigliamento, una volta confezionati, vengono trattati con formaldeide, una ben nota sostanza conservante
che conferisce un aspetto luminoso,
riduce le pieghe e ha effetti antiumidità, specialmente quando i capi viaggiano
su lunghe distanze. Questa sostanza ha
un odore pungente, può avere effetti allergizzanti o irritare mucose nasali e
pelle ed è stata classificata come
sostanza cancerogena dallo IARC .
Inoltre la stessa riporta uno studio neozelandese in base al quale
sono stati rinvenuti valori di
formaldeide 900 volte superiori al limite consentito su capi di abbigliamento importati dalla Cina (http://www.dailymail.co.uk/femail/article-2088623/Toxic-dyes-Lethal-logos-Cotton-drenched-formaldehyde--How-clothes-poison-you.html)
Pare inoltre che questa sostanza venga utilizzata anche sulle
tovaglie, lenzuola e biancheria per la casa.
Parola di down-to-earth mother!

Nessun commento:
Posta un commento