Non è solo una questione
etica legata alla sensibilità animalista: le pellicce spesso contengono
sostanze chimiche pericolose per la salute.
Nell’ambito della campagna
Toxic Fur della LAV sono stati individuati capi di abbigliamento per bambini e
bambine con inserti in pelliccia prodotti da noti marchi della moda, contenenti
sostanze dannose per la salute.
Come si legge dal rapporto
della LAV, tra le sostanze in questione figurano:
-
Naftalene, sostanza tossica che può causare anemia emolitica, è stato
classificato come prodotto pericoloso. Obbligo di ritiro dal mercato.
-
Cromo III, classificato come prodotto pericoloso. Obbligo di ritiro dal
mercato e informativa ai consumatori che hanno acquistato l’articolo
relativamente alla possibile insorgenza di dermatite allergica.
Oltre a queste sostanze è
stata rilevata anche la presenza di formaldeide, nonilfenolo etossilato e PCP
pentaclorofenolo.
“Nella lavorazione delle pellicce sono ampiamente utilizzate
sostanze chimiche pericolose classificate anche come tossiche e cancerogene.
Con l’indagine Toxic Fur abbiamo dimostrato che nei prodotti finiti immessi sul mercato
ed indossati dai consumatori, anche bambini, è possibile trovare tracce di
queste sostanze che possono anche avere effetti nocivi sulla salute – dichiara Simone
Pavesi, Responsabile LAV Campagna Pellicce. Al fine di tutelare milioni di consumatori,
salvando anche la vita di milioni di animali vittime di questa industria, è opportuno che
le istituzioni provvedano celermente a vietare il commercio di pellicce.”
Ma l’industria delle pellicce ha anche un
pesante impatto ambientale: secondo uno studio di Life Cycle Assessment del
2011, l’impatto ambientale derivante dalla produzione di 1 kg di pelliccia di
visone è maggiore rispetto a quello relativo allo stesso quantitativo di
materiale alternativo, sia esso acrilico, poliestere, cotone e lana.
Detto questo, va comunque ricordato che “L’85% delle pellicce viene da allevamenti intensivi, per almeno
70 milioni di animali ogni anno. Altri 10 milioni sono catturati in natura con
metodi feroci, senza contare le vite dei conigli: 900 milioni all'anno di
uccisioni nel mondo e 350 milioni in Europa”
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